giovedì 16 maggio 2013

Si prevedono Gelate in tutta la penisola...

Con questo titolo meteorologico oggi vi segnalo un concorso organizzato sul blog Gelo Stellato, che, come dice il curatore, ricade nelle cosiddette Gelofigate.

Intanto leggetevi il regolamento di Un Poe de copioni! Fatto? 
Se non lo avete fatto ve lo dico io: si tratta di plagiare allegramente uno dei dieci Racconti del Terrore di Edgar Allan Poe, presenti nell'omonima raccolta riprposta anche dalla Newton.
Caso vuole che abbia sepolta in casa una copia dello stesso libro edita sempre dalla Newton negli sfavillanti anni '90 pre berlusconiani e pagata la bellezza di 3900 Lire.
Partita la caccia e recuperato il volume, sempre bello verde, anche se polveroso e con le prime otto pagine che si staccano, decido di provarci anche io.
Il motivo sta anche nel fatto che a quel libro ci sono affezionato: ci ho fatto tutte le superiori, usandolo per i compiti di inglese, durante i quali ci siamo letti e tradotti (io con l'aiutino) Lo scarabeo d'oro, I delitti della Rue Morgue e altri.
Eh bei tempi...
Comunque se vorrete partecipare avete tempo fino al 23 Maggio per inviare le vostre 1000 parole plagiate a gelostellato@gmail.com. Ma non basta, dovrete anche leggere e valutare alcuni (non tutti) dei racconti inviati dagli altri partecipanti, e dopo la conclusione una giuria decreterà i vincitori che si aggiudicheranno una carrettata di libri! 
A presto!

domenica 12 maggio 2013

Indifferenza: terza e ultima parte

Ecco il finale del racconto, spero vi piaccia. QUI trovate la prima parte, e QUI la seconda.



INDIFFERENZA 
terza parte 

Una specie di accesso di tosse, che terminò in una risata.
«È buffo, i miei ultimi momenti li passerò con il mio nemico numero uno.»
«Ma io non ti sono né amico, né nemico, è lo stato di cose, sono le scelte della gente la causa di tutto, niente di personale.»
Giovanni pensò che l'altro stesse sorridendo.
«Perché perdi tempo con me, allora?»
Indifferenza si mosse avanti e indietro nel corridoio.
«Non lo so, a volte mi soffermo un po' per... per osservarvi da vicino.»
«Curiosità?»
«Sì anche, è che, come dire, siete degli esseri straordinari.»
Giovanni ruotò la testa spettinata sul cuscino viscido di bava e sudore.
«Ma che dici?»
«Non fraintendermi, conosco le cose oscene e terribili che avete fatto e che probabilmente farete, ma è proprio questo che vi rende straordinari, il fatto che non siete solo questo: a volte avete slanci di ingegno e di quella che chiamate bontà che hanno dell'incredibile, per delle bestie come apparite a prima vista.»
«Dunque mi aiuterai?»
«Eh?»
«Dammi da bere, ti prego!»
«Prova a urlare, magari qualcuno ti ascolta, ma non penso ci riuscirai, con la lingua imbrigliata dalle medicine.»
«E allora perché io con te ci parlo?»
«Ma perché, io e te stiamo parlando?»
«Vabbé, lascia perdere!»
Le strisce un tempo bianche penetrarono sempre di più nella carne livida, mentre Giovanni si dimenava boccheggiando nell'afa umida della sera.
Aprì la bocca per urlare, ma ne uscì solo bava e rantoli sommessi.
«Dai basta, non ti stancare...»
«E che te ne frega, demone del cazzo, non sei mio amico, no?»
«Hai ragione, ma mi fai impressione, così.»
Si allontanò di qualche passo, verso una finestra, distese le braccia e dopo un istante il telaio si mosse da solo, forse sospinto dall'aria fresca della notte che si fece strada fino a Giovanni.
«Di più non posso fare, mi è costato molto, sai?»
«Grazie.»
«Di niente, ne ho ancora tanta di energia, il tuo caso me ne ha fornita molta.»
«Allora slegami.»
«Non basterebbe tutta l'energia del mio mondo, per questo.»
Calò un minuto di silenzio appiccicoso.
«Ci sei sempre, demone?»
«Sì.»
«Non te ne vai? Non hai altri casi interessanti di cui nutrirti?»
«Beh, sì, è ovvio.»
«E allora vai, il mio spettacolo sta per finire.»
Indifferenza fece per andarsene, poi tornò indietro.
«Ascolta...»
«Vattene!»
«Aspetta, solo un attimo, poi ti lascerò in pace.»
Giovanni lo fissò, cercò di vedere il suo viso dietro alla visiera graffiata, ma forse non l'aveva davvero una faccia.
«Conosco qualcuno, nel mio mondo, che potrebbe aiutarti... non ora, ma dopo.»
«Cosa?»
«Sì, non viene quasi più da voi, ma se glielo chiedo io e gli espongo il tuo caso, magari se ne interesserà.»
«È una promessa a un moribondo?»
«Quasi.»
«Ti ringrazio.»
«Di niente, ciao Giovanni, sei stato uno dei miei avversari più ostinati e coraggiosi.»
«Ciao, demone.» Lacrime calde iniziarono a scendere ai lati del viso e a depositarsi sul cuscino.
Indifferenza si allontanò senza rumore, lungo i corridoi umidi e caldi.
Quando giunse nell'atrio udì alcune voci dal piano di sopra.
«Presto! Il defibrillatore!»
«Il numero 31 è in arresto!»
Due infermieri corsero su per le scale, nello stesso momento in cui l'essere varcava il portone e si dileguava nella notte.

***

«Non dovrebbe essere troppo complicato, devi influenzare solo una persona o due, un giudice, un avvocato.»
«Non ho più energie.»
«Non ti preoccupare, te ne presto un po' della mia, per la bilancia.»
«Ci penso, va bene?»
«Mi raccomando.»

FINE

© 2013 Massimo Mazzoni


sabato 11 maggio 2013

Indifferenza: la seconda parte

Come promesso, ecco la seconda parte del racconto che ha partecipato al concorso 3 narratori, organizzato dal blog Argonauta Xeno. Domenica posterò la conclusione, che trovate QUI, mentre QUI trovate la prima parte.
Buona lettura!

INDIFFERENZA 
seconda parte

«Sei sempre esistito?»

«Penso di no, anzi son sicuro che prima di me c'era qualcun altro e prima ancora lo stesso. Ci siamo sempre occupati di voi. Tu insegni, la conosci la Storia, no?»

Giovanni si agitò, le lenzuola zozze frusciarono furiosamente.

«Sai anche che cosa faccio di lavoro?»

«Io so molte cose su di te e su molta altra gente, tra l'altro.»

«Sei un demone, allora!»

L'altro rise, facendo sussultare la mascherina.

«I demoni appaiono ai matti e tu non lo sei, anche se ti hanno messo qui dentro.»

«Ma forse sto ammattendo davvero, è per questo che ora sei qui.»

«Non è detto che chi osserva certe cose sia pazzo, magari ci vede un po' meglio degli altri.»

«Già, io lo dicevo sempre a quelli, giù in paese. Ma io ero sempre quello strano, quello che dava mille problemi a tutti, al Sindaco, ai Carabinieri...»

L'altro schioccò le dita.

«Trovato! So come mi puoi chiamare.»

Si mise una mano sul petto, avvolto nel camice sgualcito.

«Puoi chiamarmi Indifferenza!»

«Ah, la condizione di non scegliere mai nulla, come Don Giovanni. Seduceva molte donne ma non ne ha mai amata una, perché una o l'altra gli erano indifferenti.»

«Dunque ci vuole un altro nome.»

«No, credo di aver capito, Indifferenza ti calca a pennello, tu ti nutri di quella, no?»

«Bravo, te lo avevo detto che non eri stupido!»

«Di me non frega niente a nessuno, ecco perché sono qui.»

«Hai ragione solo in parte Giovanni, fuori da qui hai persone che ti aspettano.»

«Dunque tornerò da mia figlia, non morirò qui?»

L'altro abbassò il capo e non rispose.

«Allora sono davvero spacciato...»

«Dai, non vuoi sapere quale è stato il mio momento di splendore?»

«Adesso?»

«No, anche se in effetti negli ultimi due anni mi sono abbastanza rimpinzato. È successo quasi cento anni fa, dopo un brutto periodo di crisi, come questo di adesso, in effetti. La gente pensava solo ai fatti propri e lasciava che ad occuparsi delle cose fossero altri, più decisi e arrabbiati di loro.»

«Parli della Seconda Guerra mondiale.»

«L'avete chiamata così? Beh in effetti è un nome abbastanza terribile e coerente. Comunque sì, in quegli anni me la sono proprio spassata e non solo io eh, anche i miei colleghi si facevano certe scorpacciate!»

«Chi, i Cavalieri dell'Apocalisse?»

«Ma siete proprio bravi coi nomi, e come li avete chiamati?»

«Pestilenza, Carestia, Guerra e Morte.»

«Già, ma comunque nel tempo non son mancate altre occasioni, voi uomini siete la nostra salvezza.»

«Ma voi non siete la nostra! Sei un mostro, tu e gli altri!» disse, dibattendosi sul letto, che si inclinò pericolosamente, sul punto di ribaltarsi.

Due infermieri accorsero, presero un'altra lettiga e la misero a contrasto con quella di Giovanni, che farfugliava e boccheggiava, ignorato.

Indifferenza li additò entrambi e fece il gesto del pollice alzato.

Aspettò che se ne fossero andati per dire: «Vedi? Funziona così, ad ogni atto della loro indifferenza io ci guadagno qualcosa.»

«Avevo capito.» rispose Giovanni, immobile.

Passarono alcuni minuti, da una finestra con le sbarre un refolo di aria fresca si insinuò nel corridoio afoso.

«Sai una cosa, demone?»

«Sì?»

«In vita mia mi son sempre battuto contro l'indifferenza, la superficialità. Ho spesso odiato chi, ignorante, decide di rimanerlo, magari con orgoglio.»

«Per questo sei un insegnante.»

«Già, spero di aver insinuato il dubbio nella roccaforte di grettezza di molte famiglie.»

Una specie di accesso di tosse, che terminò in una risata.


FINE SECONDA PARTE

giovedì 9 maggio 2013

Tre narratori: esiti del concorso

Un mesetto fa ho scritto un racconto per un concorso che si teneva sulle pagine di Argonauta Xeno, il blog curato da Salomon Xeno: si tratta del contest Tre narratori del quale vi avevo parlato in questo post, anch'esso vecchio di un mese abbondante.

Mi complimento con i vincitori, tra i quali il Moro, che incrocio spesso sul web(Bravo, eh!) e poi con Salomon, per come ha curato l'organizzazione, dato che mi pare fosse la prima volta che si cimentava in una cosa del genere. Per quanto riguarda la quantità, ha avuto anche una buona risposta da parte dei partecipanti, cosa mai scontata. Per la qualità aspetteremo la pubblicazione dell'ebook, nel quale saranno presenti i racconti dei tre vincitori e quelli di altri che hanno favorevolmente impressionato la giuria.
Purtroppo non sono in nessuno dei due gruppi, e questo, per me, è male; però, e questo, per me, è bene,  sono libero di proporvi il mio racconto così come babbo l'ha fatto, senza ulteriori editing.
Non ve lo posto tutto intero, ma in tre parti, visto che 1677 parole sarebbero un po' troppe, tutte in una volta.
Se vorrete commentare con suggerimenti, correzioni, spunti siete i benvenuti/e, altrimenti amici come prima :)
A giro di pochi giorni pubblicherò la seconda e la terza parte, rimanete sintonizzati!
 
Eccovi la prima parte del racconto.


 
INDIFFERENZA

Di Massimo Mazzoni

«E tu chi sei?» disse, cercando di sporgersi.
«Sono io, lo sono sempre stato.» rispose dalla penombra una voce piatta, fredda.
«Sei venuto per liberarmi?»
«Liberarti? In che senso?»
L'altro tirò con le braccia, mostrando le cinghie luride che gliele tenevano imprigionate a pochi centimetri dal materasso.
«Oh, su quello non posso fare niente...»
«Vieni più vicino, fatti vedere.»
L'altro sospirò e fece due passi fino al bordo del letto.
Sembrava un infermiere, ma il camice era liso e polveroso, il viso rimaneva in ombra.
«Ma tu lavori qui?»
«In un certo senso sì, qui e in tanti altri posti.»
Le molle del letto cigolarono.
«Ti prego, dammi da bere, ho sete, non mi danno niente da ore!»
«Lo so, ma non posso farci niente e se anche potessi non lo farei.»
Giunsero dei passi frettolosi dal corridoio.
L'uomo sul letto si agitò, rischiando di ribaltarsi sul pavimento: percepì di nuovo quella sensazione di caldo e poi di refrigerio, lungo tutto il braccio destro.
Cercò di urlare ma ne uscì solo un mugolio prolungato.
Arrivò un inserviente con una casacca azzurra e un secchio: dentro c'era uno spazzolone e uno strofinaccio.
Non lo degnò di uno sguardo e iniziò a pulire la chiazza rossastra sul pavimento bianco.
L'infermiere col camice polveroso, si appoggiò al muro, le braccia conserte, in silenzio.
Quando l'uomo finì il suo lavoro se ne tornò da dove era venuto.
«Ti sei tagliato il braccio, non lo vedi?»
Le cinghie si tesero ancora, infisse nella carne bianchiccia, un rivolo di liquido scuro tornò a macchiare il lenzuolo.
Il corpo nudo, eccetto per un pannolone maleodorante, si tendeva come un arco, bloccato mani e piedi al letto, appoggiato al muro del corridoio.
«Stai buono, tanto non verrà nessuno.»
«Ho caldo, sto male, mi dai almeno da bere?»
«Ti ho già risposto, non posso.»
«Ma sei un infermiere, mi devi aiutare, o sei come gli altri?»
L'uomo si staccò dalla parete e si riavvicinò al letto.
«Ah, mi vedi così?»
Il viso era ancora in ombra.
«Ti voglio vedere in faccia.»
«È inutile...»
«Dai, forza!»
Si chinò sul corpo sudato.
Indossava una mascherina chirurgica e una visiera di plastica opaca e graffiata, che ne nascondeva lo sguardo.
«Ti voglio vedere in faccia!»
«Mi spiace ma non posso, non ne ho mai avuta una...»
«M...ma, ma chi sei?»
«Ti ho risposto prima.»
L'uomo sul letto si agitò, le cinghie ai polsi e alle caviglie si tesero ancora.
«Un nome, devi avere un nome, io sono Giovanni e tu?»
L'altro incrociò le mani guantate sul petto.
«Un nome, non so, non è che ne ho uno solo.»
«E come ti chiamano?»
«Di solito non mi chiama nessuno, io arrivo e basta, dove c'è bisogno di me.»
«Non ti capisco, devono essere quelle pasticche che mi hanno dato quando sono arrivato...»
Giovanni iniziò a piagnucolare.
«Sei proprio un gran boccone...»
Il pianto si interruppe, poi tirò su col naso un paio di volte.
«Mi vuoi mangiare?»
«Mi sto già nutrendo, ma non proprio di te.»
«Ma cosa sei?»
«Mah, se proprio lo vuoi sapere io sto a cavallo tra il vostro e il mio mondo e vivo di quello che accade di qua.»
«Sei sempre esistito?»

FINE PRIMA PARTE
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